giovedì 27 gennaio 2011

La Paura


I Romani liberi, popolo al quale noi non rassomigliamo in nulla, come sagaci conoscitori del cuore dell'uomo, eressero un tempio alla Paura; e, creatala Dea, le assegnavano sacerdoti, e le sacrificavano vittime.
Il nostro Parlamento a me pare una viva immagine di questo culto antico, benché per tutt'altro fine instituito.
Il tempio è il Parlamento;
Il capo del governo n'è l'idolo;
Gli onorevoli ne sono i sacerdoti;
La Nostra Libertà, gli onesti costumi, il retto pensare, la virtù, l'onore vero, e il popolo; sono le vittime che ad essa si immolano.
Io distinguo la paura in due specie : la paura dell'oppresso, e la paura dell'oppressore.
Teme l'oppresso, perché oltre quello che egli soffre, sa benissimo non esservi altro limite ai suoi patimenti che l'assoluta volontà e l'arbitrario capriccio dell'oppressore.
Da un così incalzante e smisurato timore ne dovrebbe pur nascere una disperata risoluzione di non voler più soffrire: e questa, appena verrebbe a crearsi in tutti noi immediatamente avrebbe fine.
Eppure, al contrario, nell'uomo oppresso, dal continuo ed eccessivo temere nasce la cieca obbedienza, il rispetto e la sottomissione alla tirannide.
La paura dell’oppressore è che l’oppresso prenda coscienza della sua condizione. Quindi egli colto da questo spaventoso timore tende a promulgare leggi che delegittimo sul nascere ogni tentativo di associazione volta a criticare il potere. L’oppressore è smanioso di voler controllare tutto ciò che può anche solo minimamente scalfire o indebolire il suo potere.
Il timore e il sospetto, indivisibili compagni di ogni forza illegittima offuscano talmente l'intelletto del tiranno anche mite per indole, che egli ne diviene per forza crudele, e pronto sempre ad offendere, e a prevenire gli effetti dell'altrui odio meritato e sentito.
Ammessa questa reciproca innegabile paura, esaminiamo quei pochi uomini, a cui la robustezza delle fibre, e una miglior educazione, e una certa elevazione d'animo e in fine una minor dipendenza, dovrebbero far conoscere a noi la verità : gli oppositori o quello che nel moderno bipolarismo italiano sono soliti chiamarsi “opposizione”.
Questi vedono ogni giorno nel governo il coltivatore della tirannide.
Vedono il popolo sempre più povero mentre il governo e la sua “corte” divengono ogni giorno più ricchi e scostumati.
Vedono inoltre, la giustizia venduta, la virtù dispregiata, i delatori onorati, la povertà ascritta a delitto, le cariche e gli onori rapiti dal vizio sfacciato, la verità severamente proscritta, gli averi la vita l'onore di tutti nella mano di un solo; e vedono essere incapace di tutto quel solo, e lasciare egli poi il diritto di arbitrariamente disporne ad altri pochi, non meno incapaci, e più tristi: tutto ciò vedono palpabilmente ogni giorno quei pochi enti pensanti, ma  sommessamente sospirando, TACCIONO. Ma, perché tacciono? Per sola paura?
Si affaticano tutti i giorni per dimostrarci, che essi sono diversi da quegli altri; ma nessuno ci insegna in qual modo si possano cambiare le circostanze, né fino a qual punto questa diversità sia reale e misurabile nei fatti.
Costoro, vedono e conoscono i vizi, i principi distruttivi, le ingiustizie, le rapine, le oppressioni; vedono, che le troppe ingiustizie di giorno in giorno impoveriscono le famiglie; ma tuttavia nessuno le toglie; perché da quelle enormi ingiustizie essi ne vanno traendo i mezzi per mantenere l'enorme numero dei loro privilegi.
E vedono benissimo, che la giustizia si tradisce o si vende; che gli onori più importanti cadono sempre ai peggiori; e queste cose tutte, ancorché ben le vedano, non le ammendano mai.
E perché non le ammendano? Perché, se essi fossero giusti, incorrotti, ed onesti, verrebbe tolto a loro il primo iniquo mezzo di colorare le loro vendette private nel nome della giustizia.
Se ne deduce da ciò, che se alcuna idea di vera giustizia si venisse a introdurre nel popolo, la prima giustizia si farebbe di loro.
Quindi sia il governo che il suo oppositore, al solo nome di vera giustizia, tremano; ogni vero lume di sana ragione gli accresce il sospetto; ogni verità luminosa li adira; li spaventano i buoni; e non si credono mai al sicuro, se essi non affidano ogni più importante carica a gente come loro; cioè venduta e ciecamente pensante al loro modo: il che comporta, una gente più ingiusta e quindi più crudele, e mille volte più opprimente di loro stessi.
Qualcuno mi potrebbe domandare : Ma potrebbe mai esistere un politico il quale ami gli uomini, aborrisca il vizio, e non lasci trionfare né rimuneri altro, che la sola virtù".
Io rispondo : potrò credere che un tale uomo possa esistere, quando avrò visto un solo esempio. Il politico buono non trema dal principio, perché la coscienza non lo rimorde di nessuna usata violenza.
Ma anche supponendo che all’inizio egli sia un buon uomo di governo, perché sin dal suo principio trovandosi in mano un potere che egli conosce vizioso, illegittimo, e dannosissimo, non solamente non se ne spoglia, ma non intende, almeno di spogliarne coloro che verranno dopo lui. Scrivendo e promuovendo leggi a vantaggio dei molti e dei virtuosi.
Nelle buone democrazie si viene a temere le leggi, senza odiarle, perché non sono persona; si viene a rispettarne semplicemente gli esecutori, senza odiarli, e si arriva finalmente a non odiare né temere nessun individuo.
Non è dunque la legge giusta che il politico scrive, ma legge che crea PAURA. Questa è la molla che questa tirannide mantiene.



La tirannide ha sempre un interesse per lo più direttamente opposto a quello di tutti: essa deve dunque rimunerare chi è utile; e quindi, perseguitare e punire chiunque veramente tentasse di farsi utile a tutti.
Ma, se il caso pure volesse che il bene di uno fosse in qualche parte il bene di tutti, la tirannide nel premiare l'autore ricompenserebbe il servizio prestato al suo privato interesse definendolo un servizio reso allo stato.
I luoghi politici, siano essi Parlamento o Senato, tutti sono pieni di pessima gente; e, se pure il caso vi ha introdotto un giusto, e che tale egli voglia restare, e senza paura mostrarsi, dovrà prima o poi cadere vittima dei tanti altri ingiusti che lo insidiano, lo temono, e lo aborriscono, perché sono vivamente offesi dalle sue insopportabili virtù.
Quindi è, che dove vi sia iniquità non può esserci altra compagnia, se non scellerata.

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